Alle tre in punto, come se l’orologio mi avesse letto nella testa, il campanello trillò.
L’aroma del pollo al mole si spargeva ovunque, denso e avvolgente, e s’intrecciava con il profumo pulito delle gardenie che avevo appena reciso in giardino.
Non avevo preparato un banchetto, ma era il meglio che le mie mani sapessero fare per una giornata così. Era la Festa della Mamma e, nonostante la stanchezza, nel petto conservavo ancora un piccolo battito di speranza.
Aprii. Era lì: Ricardo, il mio unico figlio, con quel sorriso da rivista che gli era rimasto addosso da quando aveva cominciato a fare l’uomo d’affari. Indossava un completo blu notte, scarpe tirate a lucido in cui si specchiavano le vecchie piastrelle dell’ingresso. Un passo dietro, con una busta di un fiorista elegante, c’era Samantha: abito bianco, unghie perfette, un profumo dolce che tagliava l’aria come una lama sottile.
«Mamma,» disse Ricardo, senza perdere il sorriso. «Buona festa.»
— Grazie, hijo. Entrate. Il mole è pronto.
I mobili erano datati, sì, ma brillavano di pulito; i copridivani all’uncinetto difendevano i braccioli dall’usura. Mi piace pensare che ogni cosa stia al suo posto, che se la vita mi ha tolto tanto — un marito, la sua forza, le mani rapide con l’ago — almeno questa casa rimanga il mio piccolo territorio, ancora sotto il mio comando.
Non avevamo fatto in tempo a sederci che, con un tono basso ma affilato come un ago, mio figlio lasciò cadere:
— Ti stai godendo i settemila, mamma?
Settemila. Nessuno aveva contato banconote. Io non avevo firmato nulla. E sul mio tavolo non era arrivato un centesimo.
«Settemila?» domandai.
Ricardo e Samantha si scambiarono uno sguardo. Quella scintilla che le coppie usano per parlarsi senza voce, quando c’è qualcosa da nascondere.
«Sì, mamma,» disse lui, corrugando la fronte. «I settemila dollari che ti ho trasferito tre mesi fa.»
Mi si rovesciò lo stomaco. Tre mesi. In tre mesi avevo venduto tamales la domenica per mettere benzina. Tre mesi a tirare i pesos, rammendando vestiti vecchi per risparmiare.
— Figlio… — cominciai. Samantha mi tagliò la frase.
«Non sono arrivati?» chiese.
— Impossibile! — incalzò Ricardo. — Ho parlato con la banca. Hanno confermato il deposito sul tuo conto!
Il cuore mi saltò in gola. L’unico conto che possedessi era quello che mi aveva aiutato ad aprire lui… Tomás. Il vicino che mi accompagnava al mercato quando le ginocchia cedevano, che diceva: «Doña María, lasci fare a me», quello che mi aveva insegnato a usare il bancomat. Aveva la mia fiducia… e la mia carta.
«Mamma, a chi altri hai dato i tuoi dati?» chiese Ricardo, con una durezza che non gli conoscevo.
Gli occhi mi si riempirono. Ripensai a ogni sorriso di Tomás, a ogni borsa portata al posto mio, a ogni «non si preoccupi, mi occupo io».
«A Tomás,» sussurrai.
Ricardo scattò in piedi; la sedia stridette sulle mattonelle. Samantha gli andò dietro, il telefono già in mano.
«Andiamo da lui,» disse mio figlio.
Rimasi ferma. Il sole del pomeriggio filtrava tra le tende e dipingeva la stanza d’arancio, come un avvertimento che la quiete era finita.
Dieci minuti dopo, la porta si richiuse alle loro spalle con un colpo secco, lasciandomi da sola col mio respiro spezzato. Poco dopo, esplosero urla nel cortile. Il cuore mi batteva forte. Scostai appena la tenda: vidi Ricardo afferrare Tomás per il colletto. Il vicino che una volta mi sorrideva aveva adesso la paura stampata negli occhi. Samantha teneva il telefono sollevato, registrando.
«Ridammi i soldi di mia madre, bastardo!» gridò Ricardo.
Tomás balbettava, scuotendo la testa, ma il volto colpevole lo tradiva. Le porte dei vicini iniziarono ad aprirsi; il pettegolezzo corse veloce come fuoco secco.
«Chiama la polizia!» urlò Samantha.
Io restai immobile. Tutto mi girava intorno: i soldi spariti, il tradimento di un amico, la furia di mio figlio, la sua promessa che non mi avrebbe più lasciata piangere.
E in quel frastuono, mentre le sirene si avvicinavano, mi attraversò una calma fredda, netta, come se finalmente i pezzi fossero andati al loro posto.
Il mio ragazzo non era più un ragazzo.
E io… io non ero più sola.