Era iniziata come una giornata qualunque davanti alla stazione, finché il mio sguardo non si posò su un bambino, forse otto o nove anni, fermo poco distante. Indossava una maglietta lisa e pantaloncini corti; i suoi occhi, inquieti, passavano da me al mio cane poliziotto, Koda.
Mi chinai leggermente e gli chiesi: «Vuoi accarezzarlo?»
Lui esitò, ma alla fine fece un passo avanti. Koda, che percepiva subito le intenzioni delle persone, scodinzolò tranquillo. Il piccolo allungò la mano, sfiorò con delicatezza il pelo morbido del cane e, all’improvviso, lo abbracciò forte, scoppiando in lacrime.
«Che succede?» gli domandai con dolcezza.
Tra i singhiozzi, sussurrò: «Assomiglia tantissimo al cane del mio papà… prima che lui se ne andasse.»
Quelle parole mi colpirono come un pugno. Mi raccontò che suo padre aveva promesso che Max, il loro cane, sarebbe sempre rimasto con loro. Ma poi l’uomo aveva smesso di tornare a casa. La madre lavorava fino a tardi e Max era rimasto il suo unico conforto. Ora che nemmeno lui c’era più, il bambino si sentiva perso.
Camminammo insieme fino a casa. Sua madre, stanca ma gentile, mi ringraziò con un certo imbarazzo. Prima che me ne andassi, il piccolo — si chiamava Eli — mi chiese se Koda potesse tornare a trovarlo. Gli promisi che lo avremmo fatto.
Mantenni quella promessa. Le settimane successive tornammo più volte: ogni volta, il sorriso di Eli si faceva più grande. Sua madre, una donna coraggiosa ma provata, mi confidò quanto fosse difficile cavarsela da sola dopo l’abbandono del marito. Le offrii contatti e risorse di sostegno, e col tempo lei trovò la forza di unirsi a un gruppo di aiuto.
Un pomeriggio, Eli mi guardò serio e mi chiese: «Secondo te, papà sente la nostra mancanza?» Non avevo una risposta certa, così gli dissi solo: «A volte le persone commettono errori. Ma tu meriti amore, sempre, senza condizioni.»
Passarono i mesi e un giorno ricevetti una lettera dalla madre di Eli: il padre aveva riallacciato i rapporti e stavano cercando di ricostruire. Eli aveva di nuovo speranza negli occhi.
E mi tornò in mente una verità semplice: a volte basta un piccolo gesto di gentilezza per cambiare il destino di qualcuno.