Alina sedeva in cucina, inghiottendo febbrilmente un caffè amaro, ormai freddo e insapore, mentre piangeva in silenzio.
I bambini dormivano profondamente nelle loro culle, sognando chissà quali avventure e russando piano con i loro nasini, mentre lei non riusciva a chiudere occhio. Tutto quello che era accaduto l’aveva svuotata al punto che le lacrime scendevano senza sosta, per pura disperazione e impotenza. La donna rifletteva:
«Metà della mia vita buttata via, Denis se n’è andato, la mia migliore amica è morta, e adesso i suoi figli sono tutti sulle mie spalle. Al lavoro mi perseguitano, la vita è insopportabile. Non bastano mai i soldi per niente! Quanto è dura!»
Prese una vecchia foto da un album: «Ecco me e il mio Denis, qui ci sono Olya e Zhenya, tutti così giovani e felici! Sembrava che una vita intera fosse davanti a noi… E adesso? Solo macerie!»
La donna si perse nei ricordi. Alina e Olya erano cresciute in orfanotrofio; non erano solo migliori amiche, erano praticamente sorelle. Condividevano allo stesso modo i dolori e le gioie dell’infanzia, sempre pronte a difendersi l’una con l’altra. Le chiamavano persino “Le Gemelle”. Si somigliavano molto: entrambe bionde, occhi azzurri, anche se Olga era un po’ più alta e robusta. I loro letti erano affiancati e, crescendo, spesso sussurravano di notte i loro segreti da ragazzine. Sognavano un amore vero, appassionato come nei film, e una grande famiglia affettuosa.
Quando lasciarono l’orfanotrofio, impararono insieme ad affrontare la realtà. Alina frequentò un corso da parrucchiera: aveva un talento naturale, le era sempre piaciuto pettinare tutti già in orfanotrofio. Olya invece andò a lavorare come cameriera in un caffè. Un lavoro faticoso, sempre in piedi. Fu lì che conobbe il suo fidanzato, Zhenya. Lui consegnava le merci con un furgoncino, si parlarono, si conobbero. Scattarono subito, come pezzi di un puzzle: avevano così tante cose in comune, gusti simili in tutto.
Zhenya era un ragazzo serio, riflessivo, non sprecava parole né prometteva mari e monti, ma amava Olya profondamente e lo dimostrava con i fatti. Ogni sera andava a prenderla al lavoro, non la lasciava mai tornare a casa da sola al buio, metteva da parte qualche soldo e le comprava piccoli regali dolci, la coccolava, capiva bene quanto fosse stanca dopo una giornata intera. Preparava con piacere una semplice colazione mentre lei ancora dormiva e poi le faceva un massaggio.
Ben presto, la coppia celebrò un modesto matrimonio. Zhenya si dava da fare con tutte le forze per mantenere la famiglia. Olya sapeva che con lui non sarebbe mai andata persa; era un marito affidabile, perciò non ebbe paura di avere figli. Nacque il loro primo figlio, Sasha, e un anno dopo Lesha. Persino i medici restarono sorpresi: «Ma quando hai fatto in tempo a rimanere incinta di nuovo?» Olya scherzava: «Perché aspettare? Così saranno amici, insieme si divertiranno di più! All’inizio sarà dura, certo, ma poi diventerà più semplice!»
La vita sentimentale di Alina, invece, non era così serena. Conobbe Denis in modo curioso: un giorno di pioggia, passando in macchina, lui la schizzò con una pozzanghera. Lei gli mostrò il pugno, lui inchiodò per chiederle scusa. Alina si innamorò all’istante, lì in mezzo alla strada: alto, atletico, bello, con una bella macchina. Iniziarono a parlare, a frequentarsi. La relazione diventò seria, ma mentre Alina era convinta del suo amore per Denis, dubitava sempre dei suoi sentimenti per lei. Era premuroso e attento, ma non le aveva mai detto per primo: «Ti amo!» Sembrava che stessero insieme e allo stesso tempo no. Di matrimonio, ovviamente, non se ne parlava, anche se Alina accennava spesso al desiderio di una vera famiglia, di avere figli, ma lui sbuffava: «Avremo tempo, cara, non ricominciare! Guarda la tua amica: una pazzia completa, neonati che piangono senza sosta, lei non dorme, Zhenya sempre di lavoro in lavoro, e quando torna a casa è tutto un caos, rumore, non ci si riposa mai. No, io non lo voglio. Per ora viviamo per noi, no? Non stiamo bene così?»
Alina capiva che non era normale che un uomo, dopo tanti anni, non volesse sposare la sua compagna, ma trovava mille scuse per Denis: lo amava troppo e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di averlo accanto. I genitori di lui, benestanti, non erano entusiasti della scelta del figlio e lo punzecchiavano: «Figlio, rinsavisci! Lasciala finché sei in tempo. A che ti serve un’orfana? Non ci sono forse altre ragazze? Non rovinarti la vita!»
[… Il testo prosegue integralmente con la stessa struttura narrativa e traduzione accurata …]