Il vento, come un pastore celeste, spingeva greggi di nuvole scure attraverso il cielo, e l’aria era impregnata del profumo pungente della pioggia.
Nel cortile, su una panchina appartata vicino all’aiuola, sedeva una giovane ragazza che, con gli occhi coperti dalle mani, piangeva sommessamente.
Pareva che la pioggia imminente non la spaventasse affatto, tanto era immersa nel suo dolore da non accorgersi di nulla intorno a sé.
Le prime gocce pesanti cadevano già sull’asfalto, annunciando che da un momento all’altro si sarebbe scatenato un acquazzone.
Gli abitanti dei palazzi vicini si affrettavano a rientrare a casa, per non farsi sorprendere dal maltempo.
Nessuno fece caso a quella ragazza sola in lacrime, tranne la portinaia Klavdija Nikitična, che non riuscì a passare oltre senza fermarsi.
«Ehi, cara… Perché piangi? Tra un attimo scoppia la pioggia e tu sei qui seduta sotto il cielo aperto… È successo qualcosa?» chiese, sfiorandole la manica.
«È successo qualcosa, zia…» riuscì a dire la ragazza tra le lacrime, lanciando un timido sguardo alla portinaia.
«Con le lacrime non si risolve il dolore… E poi ora sta per diluviare… Vieni da me nello stanzino sul retro, lì potrai raccontarmi tutto,» disse Klavdija Nikitična, conducendo la giovane in lacrime nel seminterrato dove teneva gli attrezzi.
Entrate, Klavdija mise subito un bollitore sul fornello elettrico e fece accomodare l’ospite su una vecchia poltrona nell’angolo.
Fu allora che fuori si scatenò un vero temporale, con tuoni e lampi che squarciavano il cielo.
Il cambio di ambiente giovò alla ragazza, che smise di piangere e guardò con gratitudine Klavdija Nikitična.
«Allora, cara… Raccontami, che è successo e chi ti ha fatto del male?» domandò la donna, versandole una tazza di tè caldo.
Con un profondo sospiro, la ragazza si soffiò il naso e cominciò il suo racconto.
Si scoprì che la sconosciuta si chiamava Dasha e proveniva da un remoto villaggio della taiga dimenticato da Dio.
Daria era orfana e da poco aveva seppellito il nonno, l’unico parente che le restava.
In cerca di una vita migliore, si era trasferita in città, trovando lavoro come magazziniera in una base alimentare.
Dopo aver lavorato un mese intero, aspettava con ansia lo stipendio, ma i datori di lavoro, furbi e senza scrupoli, l’avevano imbrogliata, accusandola di un’enorme mancanza di merce.
Così volevano costringerla a lavorare gratis, sotto il ricatto del debito inesistente.
A stento fuggita da quella trappola, Dasha rimase senza sapere che fare.
Klavdija Nikitična, senza interromperla, ascoltava pazientemente, scuotendo il capo con disapprovazione verso la malvagità umana.
Poi tossì e disse:
«Succede, cara… Ma non preoccuparti, forse posso aiutarti…
Mia figlia lavora in un’agenzia… Cercano personale per alberghi e case di gente benestante… Tutto onesto, senza imbrogli… Se hai voglia di lavorare, il resto verrà da sé.
Vuoi che metta una buona parola per te?»
Gli occhi di Dasha si illuminarono a quell’offerta:
«Certo che sì, zia Klava!!! La voglia non mi manca… E devo pur vivere di qualcosa…»
«Bene, allora è deciso. Stanotte dormirai da me, e domani andrai al colloquio. Nella tua situazione, Dashenka, è un’ottima opportunità…» rispose Klavdija Nikitična incoraggiandola con un sorriso.
Quella sera parlarono fino a tardi, scoprendo una crescente simpatia reciproca.
Come promesso, zia Klava telefonò a sua figlia, spiegando la situazione.
Il mattino seguente, Dasha ricevette l’indirizzo della casa dove avrebbe presto lavorato come domestica.
La villa si trovava in una zona residenziale d’élite, dove ogni abitazione era più bella dell’altra.
Dasha ebbe l’impressione di trovarsi in una città fiabesca, popolata da re e regine in splendidi castelli.
Ma quando arrivò all’indirizzo giusto, rimase stupefatta: il palazzo dei suoi futuri datori di lavoro era enorme, persino in confronto alle altre ville della zona.
I padroni di casa, Adelina Vasil’evna e il figlio German Viktorovič, accolsero Dasha con calore.
Le richieste erano ragionevoli, e datrice e dipendente si trovarono in accordo.
Ma soprattutto, Dasha attirò l’attenzione di German, che dal primo giorno cominciò a corteggiarla con lo sguardo, denudandola letteralmente con gli occhi.
Darya non capiva l’interesse del giovane padrone: in casa si stavano preparando le nozze e, a detta di Adelina Vasil’evna, la sposa apparteneva a una famiglia molto ricca e influente.
«E perché mai io… un’orfana senza un soldo?» pensava Dasha, imbarazzata dai suoi sguardi.
La ragazza non sapeva che German aveva il vizio di spezzare i cuori di giovani domestiche con regolare frequenza.
Adelina Vasil’evna chiudeva un occhio, convinta che un giovane dovesse “farsi esperienza”.
Dasha, invece, manteneva freddezza e cortesia, cercando di non attirare attenzioni.
Ma la sua bellezza non dava pace a German, che una sera, ubriaco, decise di passare alle maniere forti.
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(Da qui la storia continua con le molestie di German, la gravidanza indesiderata, il rifiuto di Dasha di abortire, l’appartamento in affitto, la nascita dei gemelli, il tentativo di omicidio, il rapimento, la fuga nel bosco, l’incontro con il guardiacaccia Andrei e la sorella giornalista Polina, fino alla denuncia pubblica, l’arresto del ricco maggiore e il lieto fine: Dasha trova una nuova vita con Andrei e i bambini.)