La mattina delle nostre nozze si svolse esattamente come l’avevo sempre immaginata. Un leggero caos nell’aria, un senso di magia, e quell’atmosfera vibrante di amore che sembrava avvolgere ogni cosa.
Le mie damigelle stavano per arrivare e ci attendeva un pranzo leggero: un tagliere di formaggi e un calice di champagne.
Il mio abito riposava in un sacco appeso, pronto per il momento più importante della mia vita. Ero lì, emozionata, sapendo che tra poche ore avrei sposato Alexander, il mio migliore amico, l’uomo che mi aveva fatto credere di nuovo nell’amore senza fine.
Avevamo scelto di celebrare il matrimonio al tramonto, su uno yacht. Questo ci regalava tutta la giornata per prepararci e assaporare ogni istante… o almeno così credevo.
Indossai la mascherina e uscii per incontrare il corriere con il mio bouquet, ordinato all’ultimo momento per avere i fiori freschi e perfetti.
Ma, mentre camminavo verso il vialetto privato, la vidi.
Era ferma a metà del sentiero, in mezzo al giardino: una donna anziana, la pelle bruciata dal sole, i capelli grigi spettinati, i vestiti spiegazzati e logori. Ma ciò che colpiva davvero erano i suoi occhi: intensi, profondi, quasi inquietanti.
«Ragazza…» disse con voce ferma ma gentile. «Vieni qui.»
Rimasi immobile. Avrei voluto rientrare, ma c’era qualcosa nel suo sguardo che mi impediva di muovermi.
Contro ogni logica, mi avvicinai. Forse aveva fame… potevo offrirle un tè, un panino, e poi salutarla. Dopotutto, era il giorno del mio matrimonio: non potevo mandare via un’anziana.
«Dammi la mano,» disse, porgendomi il palmo. «Voglio leggere il tuo destino.»
«Mi dispiace… non credo a queste cose,» replicai con un sorriso di cortesia.
Lei accennò un sorriso.
«Non devi crederci. Devi solo ascoltare. Magari qualcosa resterà nel tuo cuore.»
Prima che potessi oppormi, afferrò la mia mano. La sua presa era sorprendentemente salda.
«L’uomo che stai per sposare…» cominciò, scrutando le linee sul palmo, «ha un neo a forma di cuore sulla coscia destra?»
Il respiro mi si bloccò. Nessuno, tranne me, sapeva di quel particolare. Nessuno.
«E sua madre?» continuò. «Non è morta, vero? Non è mai stata nella sua vita?»
Annuii piano, con un brivido lungo la schiena.
«Come lo sai?»
Il suo sguardo si fece cupo.
«Sta per distruggerti la vita. Ma puoi ancora scegliere. Se vuoi sapere la verità… guarda dentro il coniglio di peluche che tiene nell’armadio.»
Feci un passo indietro, scioccata.
«Sta in India…» balbettai.
«Segui il tuo istinto,» mormorò. «L’amore costruito sulle bugie… crolla.»
Il corriere arrivò in quell’istante. Presi il bouquet e rientrai di corsa, il cuore in tumulto.
Coniglio di peluche.
Alexander me ne aveva parlato: un regalo della madre, prima di morire. Lo teneva nell’armadio come un ricordo prezioso.
Presi il telefono e scrissi alle mie amiche:
Ragazze, torno tra poco. Poi festeggiamo.
Ero sola in casa. Aprii l’armadio, presi il coniglio. Sul retro c’era una piccola cerniera. La aprii con mani tremanti: all’interno, un fascio di lettere.
Figlio, perché mi fai vergognare? Ti prego, non lasciarmi. Ti voglio bene. – Mamma.
Perché non rispondi? Ti chiamo da settimane.
Fammi vedere almeno una volta… ho bisogno di sapere che stai bene.
Mi accasciai a terra. Sua madre era viva. E cercava disperatamente di raggiungerlo.
Quando Alexander arrivò, gli mostrai le lettere. Sbiancò, poi si sedette con la testa tra le mani.
«È… complicato.»
La verità era che suo padre lo aveva costretto a troncare i rapporti con la madre dopo il divorzio.
La donna che avevo incontrato poco prima… era lei.
Il matrimonio, così come l’avevamo immaginato, fu annullato. Ma mesi dopo, ci sposammo in una piccola cerimonia, con sua madre seduta accanto a noi.
Perché, a volte, l’amore non è fatto di perfezione. Ma di verità. E di chi conta davvero.