“I due gemelli della famiglia miliardaria rifiutavano qualsiasi boccone, finché la nuova tata non intervenne — e il padre, vedovo, rimase…”

Non le stringe la mano: mormora appena un “buongiorno” e basta per farle capire che non ha nessuna voglia di chiacchierare. La conduce dai bambini, Emiliano e Sofía, otto anni, gemelli. Li indica senza cambiare espressione e comunica soltanto che lei sarà la loro tata. Li osserva da vicino: lui con lo sguardo spento, lei con le braccia strette al petto; vestiti uguali, come due riflessi della stessa immagine. Mariana abbozza un sorriso e chiede cosa vorrebbero per cena. I due si limitano a scrollare le spalle. La bambina dice: «Niente».

Più tardi, sale con passo deciso verso le camere, bussa alla porta dei gemelli, attende un istante e poi entra. Sono già svegli, seduti sul letto, la TV accesa senza volume. Mariana posa un vassoio su un tavolino basso. «Oggi niente regole» annuncia. Loro le rivolgono uno sguardo. «Facciamo qualcosa di diverso.» Nessuno risponde, ma neppure la ignorano. Mariana accenna loro di seguirla.

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Scendono in silenzio, oltrepassano l’enorme sala da pranzo e arrivano dritti in cucina. Chayo li vede e lascia scappare una risata secca. «Qui non si entra.»
Mariana la guarda tranquilla. «Oggi sì.»
Chayo sgrana gli occhi. «Il padrone non vuole.»
Mariana inspira a fondo. «Allora me ne andrò.»
E continua, i bambini dietro di lei.

La cucina è grande, luminosa, con un’isola al centro. Mariana tira fuori farina, uova, latte, zucchero. Dispone tutto come fosse un gioco. Emiliano si avvicina senza toccare; Sofía osserva attenta.

Consegna a ciascuno una ciotola. «Facciamo le frittelle. Gli chef siete voi. Io solo vi do una mano.»
I due si guardano, come per chiedersi se sia davvero permesso. Sofía affonda per prima le dita nella farina. Emiliano si fa coraggio e rompe un uovo, ma lo fa con troppa foga e si schizza la faccia. Mariana non ride: gli porge un asciugamano. «Capita quando si va di fretta. Va bene così.»

A poco a poco si sciolgono: sorridono, mescolano, assaggiano. La cucina si riempie di un profumo insolito. Chayo li osserva a distanza, con le braccia conserte; non interviene, ma non se ne va. Quando le frittelle sono pronte, Mariana le sistema in piattini e li posa sul tavolo della cucina, non nella sala da pranzo.

Si siede accanto a loro, aggiunge miele, fettine di banana, un ciuffo di panna. Sofía rimane incerta; Emiliano rigira la forchetta tra le dita. Mariana non li fissa: mangia la sua frittella con calma, come se fosse la cosa più normale del mondo. Sofía prova un pezzetto minuscolo. Mariana finge di non farci caso. Poi assaggia anche Emiliano. Non parlano, masticano.

Mariana trattiene un nodo in gola. Si limita a dire: «È venuta davvero buona.»
Nessuna risposta, ma i piatti a metà si svuotano.

Proprio allora entra Ricardo. Si blocca sulla soglia: i tre seduti in cucina, piatti sporchi, farina ovunque, e i bambini che mangiano. Mariana lo guarda senza muoversi.

«Buongiorno» dice lui. Sofía posa la forchetta, Emiliano resta immobile. Ricardo fa un passo, serio. «Che ci fate qui?»
Mariana si alza. «Colazione. L’hanno preparata loro. È stata una mia idea.»
Ricardo guarda i piccoli. «Avete cucinato voi?» chiede. Emiliano annuisce, Sofía abbassa gli occhi.
«E avete mangiato?» Silenzio. Risponde Mariana: «Sì. Per la prima volta.»
Ricardo inspira, osserva il tavolo, poi lei. «Non era previsto.»
«E quindi?» sussurra Mariana.

Dall’angolo, Chayo interviene: «Si sono messi dove non dovevano. Questa non è una mensa.»
Ricardo si volta verso di lei. «Va bene, Chayo. Lasciaci soli.»
La donna alza un sopracciglio e si allontana.

Mariana non sa se verrà licenziata all’istante. Ricardo fissa i piatti, poi i figli.
«Vi è piaciuto?»
Un cenno quasi invisibile di Sofía; un «Sì» sottovoce di Emiliano.
Ricardo non trova subito un modo di reagire; neppure Mariana.
Si riassesta la giacca. «D’accordo. Ma non facciamone un’abitudine.»
Se ne va senza aggiungere altro.

Quando la porta si richiude, Mariana torna a sedersi. Sofía le tende di nuovo la forchetta.
«Possiamo rifarle?»
Mariana annuisce. «Ogni volta che volete.»

La cucina riprende a vivere: tintinnii, risatine, cucchiai che battono contro le ciotole. Non è un pasto formale: è qualcos’altro, più vero. La regola è semplice: niente forzature, decidono loro. E, per la prima volta, funziona.

Da quel giorno, senza che nessuno lo dica, la casa cambia ritmo. Mariana se ne accorge appena mette piede giù: i corridoi sembrano meno freddi, i bambini non si barricano più nelle loro stanze. Si affacciano in cucina, annusano, fanno domande assurde—tipo se le frittelle possono avere la forma di dinosauro.

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Quella mattina Sofía spunta con i capelli arruffati e un peluche in braccio. Mariana sta lavando i piatti. La bambina non dice nulla: si siede all’isola e la fissa. Mariana le porge una banana, senza commenti. Sofía la prende e la sbuccia con cura. Non è molto, pensa Mariana, ma è già qualcosa. Due minuti dopo arriva Emiliano.

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