«Non è mio figlio» dichiarò il ricco imprenditore, ordinando alla moglie di lasciare la casa insieme al bambino. Ma se solo avesse conosciuto la verità…

«Chi è questo bambino?» domandò con freddezza Sergej Aleksandrovič appena Anna varcò la soglia, stringendo al petto il neonato avvolto in una copertina morbida. Nella sua voce non c’era traccia di gioia o sorpresa, solo un’inquietante irritazione. «Pensi davvero che io possa accettare una cosa simile?»

Era appena rientrato dall’ennesima trasferta di lavoro, settimane trascorse tra riunioni, contratti e telefonate senza fine. La sua vita da anni era fatta solo di viaggi, conferenze e aeroporti. Anna lo sapeva bene sin dal principio e aveva accettato quella condizione come parte integrante della loro relazione.

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Quando si erano conosciuti, lei era una studentessa di diciannove anni al primo anno di medicina, lui un uomo maturo, affermato e sicuro di sé: il compagno che aveva sempre sognato, quello che nel suo diario adolescenziale aveva immaginato come l’unico capace di proteggerla e sostenerla. Anna era certa che accanto a lui nulla avrebbe potuto scalfirla.

Eppure, quella sera che doveva essere la più luminosa della sua vita, si trasformò in un incubo. Bastò uno sguardo al bambino perché il volto di Sergej si irrigidisse e divenisse estraneo. «Non assomiglia a me! Non è mio figlio, lo capisci?!» urlò con voce dura, «Mi credi così ingenuo da accettare questa farsa? Mi stai prendendo in giro?»

Quelle parole furono lame nel cuore di Anna. Rimase immobile, tremante, incapace di credere che l’uomo a cui aveva dato tutta se stessa potesse sospettarla di tradimento. Per lui aveva rinunciato ai propri sogni, alla carriera e persino a una parte di sé. Desiderava solo costruire una famiglia. E invece veniva cacciata come un’estranea.

Sua madre, Marina Petrovna, l’aveva avvertita fin dall’inizio: «Anjuta, cosa ci trovi in quest’uomo? È molto più grande di te, ha già un figlio dal primo matrimonio. Perché complicarti la vita quando potresti avere accanto un ragazzo della tua età?» Ma Anna, accecata dall’amore, non aveva ascoltato. Per lei Sergej era il destino, il padre mai conosciuto, la figura di forza e sicurezza che aveva sempre cercato.

Dopo le nozze, Anna si era trasferita nella sua grande casa, continuando gli studi e coltivando il sogno di diventare medico. Quando rimase incinta, la sua vita le parve finalmente completa. La madre, però, la mise in guardia: «E gli studi? Non puoi abbandonarli, hai lottato tanto per arrivare fin qui.» Ma Anna era convinta che l’amore e la maternità valessero ogni sacrificio.

Quando Sergej le sbatté la porta in faccia, Marina la accolse stringendola forte. «Non sei sola — le disse con voce ferma — cresceremo insieme tuo figlio. Non smettere di studiare, io ti aiuterò. La vita ricomincia adesso.»

Quelle parole salvarono Anna. Grazie al sostegno della madre riuscì a laurearsi e a trovare lavoro in ospedale, costruendo passo dopo passo una nuova esistenza. Sergej, invece, sparì senza lasciare traccia: niente assegni, nessuna telefonata, solo il vuoto.

Gli anni passarono. Anna divenne una professionista stimata, madre orgogliosa e donna finalmente consapevole della propria forza. Ma il destino aveva in serbo un inatteso incontro: un giorno, in ospedale, davanti a lei si presentò proprio Sergej. Non più l’uomo arrogante e sicuro di sé, ma un padre disperato, con una figlia gravemente malata che chiedeva il suo aiuto.

Anna lo guardò con distacco professionale, soffocando i ricordi dolorosi. Ma quando, poco dopo, Sergej incrociò per caso il piccolo Igor — il figlio che aveva rinnegato — rimase impietrito. Davanti a lui non c’era più un neonato da rifiutare, ma un ragazzino dagli occhi vivi che gli ricordava tutto ciò che aveva perso.

La voce di Sergej tremò: «Figlio mio…»

Igor lo fissò con sospetto. «Mamma, chi è quest’uomo?»

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Anna serrò le labbra. Nel suo cuore si mescolavano rabbia, dolore e una fragile speranza che nemmeno lei sapeva spiegare. L’uomo che l’aveva distrutta ora implorava una seconda possibilità.

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