Durante le vacanze, il mio ragazzo se n’è andato senza dire una parola, lasciandomi sola con le sue gemelline e un biglietto che diceva soltanto: «Devo andarmene. Loro lo capiranno presto.»

Quando ho accettato di partire in vacanza con il mio fidanzato e le sue gemelline, pensavo fosse l’inizio di qualcosa di nuovo e bello per noi. Invece, tornando dalla piscina, ho trovato un biglietto che ha sparigliato completamente le carte, lasciandomi confusa e senza parole. E appena rientrata a casa, mi aspettava una sorpresa che mi ha sconvolta profondamente.

Tre anni fa incontrai Matt a un evento di beneficenza. Aveva quel fascino tranquillo e quella sicurezza che non passano inosservati. Mi colpì subito il suo amore per le figlie, Ella e Sophie, le sue gemelline di cinque anni, che erano davvero dolcissime.

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Avevano perso la mamma quando erano appena nate, e Matt si era impegnato tantissimo a crescerle bene: erano educate, intelligenti e piene di vita.

Io, invece, avevo poca esperienza con i bambini, ma con loro tutto scorreva naturale. Ogni volta che stavamo insieme, mi raccontavano con entusiasmo delle loro giornate a scuola, e senza che me ne accorgessi, si erano già conquistate un posto speciale nel mio cuore.

Una sera, dopo una giornata pesante di lavoro, Matt arrivò a casa mia accompagnato dalle bambine. Ognuna teneva in mano un biglietto fatto a mano, decorato con brillantini e adesivi colorati.

«Vogliamo farti una sorpresa», disse Ella con un sorriso, porgendomi il biglietto. Dentro c’era scritto: «Grazie per essere parte della nostra famiglia».

Rimasi senza parole. Prima di lui avevo solo collezionato relazioni finite male, con uomini che avevano paura di impegnarsi. Sembrava quasi che attirassi solo chi non voleva legami seri. Ma in quel momento, guardando Matt e le sue figlie, provai solo un calore profondo e un amore vero. Li amavo, tutti e tre.

Così, quando Matt mi chiese di sposarlo una settimana dopo, durante una cena speciale organizzata con l’aiuto delle bimbe, risposi subito «sì». Sentivo che finalmente la mia vita aveva un senso e non vedevo l’ora di costruire un futuro insieme. Mi trasferii da lui il prima possibile.

Cominciai a organizzare il matrimonio, avevo tutto già chiaro: i fiori, l’abito, i vestitini delle bimbe, la location… Sono molto precisa e mi sentivo felice e coinvolta. Ma col passare dei mesi, Matt iniziò a mostrarsi sopraffatto.

«Facciamo una pausa prima che sia troppo», mi disse una sera, sdraiati insieme a letto. «Un piccolo viaggio in famiglia, solo noi quattro. Sarà un momento di relax prima del grande giorno.»

Anche se non ero entusiasta di partire con così tante cose da sistemare, accettai. Ne avevamo davvero bisogno. Prenotammo un soggiorno in un delizioso resort su un’isola.

I primi due giorni furono magici: Ella e Sophie ridevano senza sosta in piscina, mentre io le guardavo giocare sulla spiaggia, dove Matt costruiva castelli di sabbia con loro.

«Dorothy, guarda!» esclamò Sophie indicando un castello decorato con conchiglie. «Non è meraviglioso?»

«È fantastico», risposi scattando qualche foto.

Matt si avvicinò, spolverandosi la sabbia dalle mani: «Ragazze, che ne dite di un gelato?»

«Sì!» risposero all’unisono, correndo verso il chiosco.

Matt mi abbracciò: «Hai avuto un’idea splendida. Ne avevamo proprio bisogno.»

Mi appoggiai a lui e dissi: «Sì, davvero.»

Ero grata per quei momenti, felice di creare ricordi di famiglia perfetti. Ma tutto cambiò il terzo pomeriggio.

Quella mattina Matt disse di sentirsi troppo stanco per uscire e preferì restare in camera a riposare. Le bambine, invece, volevano a tutti i costi andare in piscina, così le portai io da sola.

A mezzogiorno Matt non si era ancora fatto vivo e non rispondeva al telefono. Preoccupata, tornai con le bambine in camera.

Le piccole chiacchieravano felici dei nuovi amici fatti, ma io ero agitata mentre aprivo la porta. Tutto sembrava a posto, ma notai subito che la valigia di Matt era sparita.

La stanza era in ordine, i letti rifatti, segno che avevano già passato le donne delle pulizie. In bagno c’erano solo le nostre cose. Ma i vestiti di Matt, i suoi prodotti per la toilette, persino il caricabatterie del cellulare erano scomparsi.

«Dorothy, dov’è papà?» chiese Ella prendendomi per mano.

Il mio cuore batté forte. Poi vidi il biglietto sul comodino:

«Devo sparire. Presto capirete.»

Seduta sul letto, con quel foglio tremante in mano, non riuscivo a crederci. Sparire? Cosa voleva dire? Era in pericolo? E noi?

«Dorothy, stai bene?» sussurrò Sophie con gli occhi pieni di preoccupazione.

Cercai di sorridere: «Va tutto bene, tesoro. Prepariamoci e andiamo a prendere un gelato. Papà sarà già laggiù.»

Le bambine, rassicurate, corsero in bagno. Io cercai di restare calma, per non farle sospettare nulla.

Più tardi, un gentile addetto dell’hotel mi raccontò di averlo visto uscire in taxi con una valigia. Provai a chiamarlo più volte, senza successo.

Quella notte, dopo aver messo a letto le bimbe, restai sul balcone a fissare il telefono, sperando in una sua chiamata che non arrivò.

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Il mattino seguente, senza altra scelta, feci le valigie e tornammo a casa. Matt era ancora sparito.

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