«Ho scoperto che la mia vicina, ormai anziana, passa la notte in auto pur avendo una casa. A quel punto ho deciso di capire perché.»

Ho notato che la mia vicina più anziana dormiva in auto, pur avendo un tetto sopra la testa. Così ho deciso di capirci qualcosa.

All’inizio era solo un’impressione. Ogni mattina la nonna Madina — quasi ottant’anni — usciva e rientrava a orari che combaciavano con i miei. Eppure, a guardare bene, la sua macchina sembrava non muoversi mai dal parcheggio. La curiosità, alla fine, ha vinto. Una sera mi sono avvicinato e l’ho vista: assopita sul sedile di guida, avvolta in una coperta. Dietro, il sedile posteriore era stipato di scatole con provviste.

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La cosa non aveva senso: una casa ce l’aveva. Perché scegliere l’auto?

In una notte particolarmente rigida non ce l’ho fatta a girarmi dall’altra parte. L’abbiamo invitata da noi; mia moglie le ha preparato una cioccolata calda. Quando si è ripresa un po’, le ho chiesto piano:
— Nonna Madina, perché dorme in macchina?

La risposta mi ha gelato.
— Ho paura a stare in casa, — ha mormorato stringendo la tazza. — Non la sento più mia.
— In che senso? — ho domandato.
Ha abbassato gli occhi, incerta:
— Succedono cose strane… Le luci si accendono da sole, i mobili non sono mai dove li lascio. E sento passi, anche quando so che sono sola.

Ho provato a restare razionale.
— Ne ha parlato con qualcuno? Con i suoi figli?
Ha scosso la testa.
— Non voglio preoccuparli. Mio figlio vive dall’altra parte del Paese. Con mia figlia… non ci parliamo da anni.

Io e mia moglie ci siamo capiti con uno sguardo: serviva aiuto.
— Veniamo a vedere la casa. Magari c’è una spiegazione semplice.
Ha esitato, poi ha annuito.

Siamo andati insieme. Appena entrati, ho avvertito un odore chiuso, come di stanze rimaste troppo a lungo senza vita. Il salotto appariva in ordine, eppure qualcosa stonava: i cuscini buttati alla rinfusa, una sedia tirata fuori dal tavolo come se qualcuno si fosse appena alzato. E la nonna Madina giurava di non essere rientrata.

— È sicura che nessuno abbia una chiave? — ho chiesto.
— Sicurissima, — ha risposto. — Entro solo io.

Serrature perfette, finestre chiuse, nessun segno di forzatura.

Poi, passando nel corridoio, ho sentito un’asse scricchiolare dietro di me. Mi sono voltato di scatto: niente. Mia moglie era tesa, la nonna impallidita.
— Ve l’avevo detto, — ha sussurrato.

Non credo ai fantasmi, ma lì qualcosa non tornava. Ho montato una piccola telecamera in salotto, con sensore di movimento. Se ci fosse stato un intruso, lo avremmo visto.

La mattina dopo ho controllato le riprese. Alle 2:14, segnale di movimento. Mi si è chiuso lo stomaco: sullo schermo è comparsa una figura. Non un’ombra fugace, ma una persona, nitida.

Qualcuno era stato in casa. Ho messo in pausa: un uomo, che si muoveva con sicurezza, come se conoscesse la piantina. Non rovistava: agiva da padrone.

— Nonna Madina, — ho chiesto con delicatezza, — suo marito aveva lasciato una chiave a qualcuno? Qualche parente, un amico?
Lei è rimasta immobile. Poi ho visto la consapevolezza farsi largo nei suoi occhi.
— Mio nipote… Tjoma.

Non lo vedeva da anni. Aveva avuto problemi di dipendenza; dopo alcuni episodi difficili, lei aveva tagliato i ponti, convinta che fosse sparito.

Abbiamo chiamato la polizia. Quando sono arrivati, l’hanno trovato in cantina, rintanato in un piccolo vano tecnico. Viveva lì da settimane, entrando ogni volta che la nonna usciva. Non voleva farle del male: cercava di tirare avanti. Ma la paura che le aveva messo addosso era reale.

La nonna Madina piangeva, ma sembrava anche sollevata.
— Pensavo di stare perdendo la testa… — ripeteva.

Con i servizi sociali, Tjoma è stato indirizzato a un percorso di riabilitazione. Non una bacchetta magica, ma un inizio. E la nonna Madina ha ricominciato a sentirsi al sicuro tra le sue mura.

Questa storia mi ha insegnato una cosa: quando qualcuno ha un comportamento che non capiamo, non è sempre colpa dell’età o dell’immaginazione. A volte c’è davvero paura. E la paura, se ignorata, trasforma una casa in prigione.

Quella notte, per la prima volta dopo tanto, la nonna Madina ha dormito nel suo letto. E non era sola. Io e mia moglie abbiamo iniziato a passarla a trovare regolarmente e, cosa che ci ha riempiti di gioia, lei ha riallacciato i rapporti con la figlia, che saputo tutto è corsa da lei.

Non pensiamo mai che ci capiterà. Ma quando succede, abbiamo una scelta: voltare lo sguardo o intervenire.
Sono felice che abbiamo scelto di intervenire.

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