Al funerale di mio marito un uomo dai capelli grigi si avvicinò al mio orecchio e mormorò: «Adesso siamo liberi». Era l’uomo che avevo amato a vent’anni, quello da cui la vita mi aveva strappata.
La terra sapeva di pioggia e di lutto. Ogni pugno di terra, lanciato sul coperchio della bara, risuonava come un colpo ovattato da qualche parte nel petto. Cinquant’anni. Una vita intera accanto a Dmytro. Una vita fatta di rispetto silenzioso, di abitudini condivise che, col tempo, si erano trasformate in tenerezza. Non piangevo più. Avevo … Read more