La chiesa sembrava uscita da un sogno: un gioiello di architettura perfetta. Rose bianche scendevano dall’altare come una cascata, i petali sparsi lungo la navata creavano l’illusione di neve candida. La luce filtrava dalle vetrate colorate, tingendo l’aria di riflessi dorati e rosati, mentre un quartetto d’archi suonava una melodia talmente dolce da sembrare una preghiera. Davanti a me, duecento invitati trattenevano il fiato mentre percorrevo quel cammino verso ciò che pensavo fosse il mio futuro.
Il cuore mi martellava nel petto, ma era un battito felice, carico di speranza. Colton mi attendeva all’altare, impeccabile nel suo smoking nero, lo sguardo fisso su di me. Perfino lui, così sicuro di sé, sembrava nervoso, e questo mi fece sorridere: dopo tre anni riuscivo ancora a scuoterlo.
Il pastore aprì la sua vecchia Bibbia, l’aroma di incenso e carta consumata avvolgeva la navata.
«Siamo qui riuniti per celebrare l’unione di Colton James Wellington e Anna Rose Derek nel santo matrimonio.»
Presi le mani di Colton: erano sudate.
«Colton, vuoi prendere Anna come tua legittima sposa…?»
«Lo voglio,» rispose, la voce incrinata.
Poi il pastore si rivolse a me. «E tu, Anna, vuoi prendere Colton come tuo—»
«Aspettate.»
La parola cadde come un tuono. Tutti si voltarono. Era la mia damigella d’onore, Karen, la mia amica d’infanzia, la sorella che non avevo mai avuto. Indossava l’abito rosa antico scelto insieme, ma il suo viso era teso, deformato da una sfida che non avevo mai visto.
«Non posso permettere che questo matrimonio si compia. Anna, devi sapere la verità.»
Un mormorio si diffuse tra i banchi. Mio padre si alzò di scatto, mia madre lo trattenne con forza.
«Karen, cosa stai facendo?» chiesi, la voce ferma, mentre dentro di me il cuore sbatteva come un uccello in gabbia.
Lei sollevò il mento: «Sono incinta. E Colton è il padre.»
La chiesa esplose in esclamazioni. Il quartetto smise di suonare. Colton impallidì. «Karen, basta!»
Ma lei continuò: «Basta cosa? Non dire che vieni da me da mesi? Che avevi dei ripensamenti? Che mi sussurravi “ti amo”?»
Mio fratello balzò in piedi, furioso, trattenuto da mia sorella. Karen mi fissò con un ghigno crudele.
«Ammettilo, Anna. Sei solo un rimpiazzo. Lui voleva me, e ora che avremo un figlio… le cose cambiano.»
Il tempo sembrò fermarsi. Colton non riusciva nemmeno a guardarmi negli occhi. E in quel momento, invece di crollare, sorrisi. Non un sorriso felice, ma quello di uno squalo prima di colpire.
«Oh, Karen,» dissi, calma, «quanto sei ingenua.»
Estrassi il telefono nascosto tra i fiori e con un tocco attivai l’impianto audio preparato per il ricevimento.
«Signore e signori,» la mia voce rimbombò nella chiesa, «credo sia il momento che ascoltiate qualcosa.»
L’espressione di Karen passò dal trionfo al panico quando la sua stessa voce registrata risuonò tra le mura:
«Colton è un idiota. Non sa che sono stata anche con suo fratello e il suo testimone. Il bambino potrebbe essere di chiunque, ma lui è quello con più soldi. E la cosa più divertente? Lei sta pagando metà del matrimonio. Non vedo l’ora di vederle la faccia…»
La sua risata registrata gelò l’aria. Karen crollò in ginocchio. «Anna, ti prego… posso spiegare…»
«Avrai tutto il tempo per spiegarti,» replicai, «alla polizia, al laboratorio di analisi del DNA e al mio avvocato.»
La scena successiva fu caotica: sguardi sconvolti, Colton annientato, Karen smascherata, il brusio che diventava tempesta. Io, invece, provavo una calma nuova.
Quel giorno non persi un marito. Mi liberai di un inganno. E al suo posto trovai qualcosa di molto più prezioso: me stessa.