Il reparto maternità traboccava di rumore e movimento: quattro vagiti diversi si intrecciavano nell’aria, come una piccola orchestra stonata. Sul letto, la giovane madre, esausta e sudata, rideva e piangeva allo stesso tempo, incapace di staccare lo sguardo dai suoi quattro bambini. Minuscoli, delicati… e già il centro del suo universo.
Il compagno si avvicinò alla culla, piegandosi su di loro. Per un attimo restò immobile, poi il suo viso cambiò. Lo stupore lasciò il posto a qualcosa di cupo.
«Ma… sono neri», sibilò, come se fosse un’accusa.
Olivia lo fissò, interdetta. «Sono i nostri figli, Jacob. Sono i tuoi bambini.»
Lui arretrò di un passo, gli occhi che bruciavano di sospetto. «Non provarci. Mi hai tradito.»
Non aspettò spiegazioni, non volle ascoltare nessuno. Girò le spalle e se ne andò, sbattendo la porta e portandosi via ogni promessa di futuro, di protezione, di sostegno. In un istante, quattro neonati rimasero senza padre. Quella sera, nel buio della stanza d’ospedale, Olivia li cullò uno per uno, sfiorando con le labbra le loro fronti calde.
«Non importa chi se ne va», sussurrò. «Voi siete miei. E io vi difenderò sempre.»
Crescere un figlio da sola è una montagna. Crescerne quattro è una catena montuosa. Ma Olivia non prese neanche in considerazione l’idea di arrendersi.
Accettò qualsiasi lavoro: pulizie