Una madre di cinque gemelli è alla cassa, disperata perché non ha abbastanza soldi per pagare. All’improvviso, una voce alle sue spalle la ferma: «Non preoccuparti, il conto è già stato pagato».

Quando Rachel e suo marito Jack scoprirono di aspettare dei quintupletti, fu come se il cielo si spalancasse sopra di loro. Erano spaventati, sì, ma anche incredibilmente felici. Jack lavorava come camionista per una grande azienda di trasporti: lo stipendio era buono, arrivava puntuale, e questo permise a Rachel di lasciare il lavoro senza troppi sensi di colpa per dedicarsi interamente ai bambini.

Per un po’ tutto sembrò andare per il verso giusto. La casa era piena di risate, pianti, biberon e pannolini, ma anche di abbracci e di quella stanchezza felice che solo i genitori di tanti figli conoscono. Finché, una mattina qualunque, tutto cambiò.

Advertisements

Jack uscì presto, come sempre, con il suo thermos di caffè in una mano e le chiavi del camion nell’altra. «Torno stasera, amore» disse, baciandola sulla fronte. Non tornò mai più.

Quella sera Rachel ricevette una telefonata dalla polizia. La voce dall’altro capo era ferma ma gentile: il camion di Jack era rimasto coinvolto in un incidente in autostrada. Non ce l’aveva fatta. Nel giro di pochi minuti, Rachel passò dall’essere moglie a essere vedova, e da mamma a tempo pieno a unico “capo famiglia” di una casa con cinque bambini piccoli.

Da allora ogni giorno fu una lotta contro i conti, le bollette e la paura di non farcela.

Qualche mese dopo, si ritrovò al supermercato a fare la spesa per preparare la festa di compleanno dei bambini. Il carrello non era neppure pieno, ma il prezzo sul display del reparto dolci la fece sbiancare.

«Da quando il cacao in polvere costa così tanto?» borbottò tra sé, afferrando una confezione. «Cinque dollari per una scatolina minuscola? Ma stiamo scherzando? Non ho preso neanche metà delle cose e sono già a cinquanta dollari… Santo cielo, devo rimettere qualcosa a posto.»

Sospirò e spinse il carrello nel corridoio successivo proprio mentre uno dei gemelli, Max, cominciava a tirarle la maglietta.

«Mamma, per favore, comprami le caramelle!» chiese, indicando un’esposizione colorata vicino alla cassa.

Rachel si fermò, esausta.
«Tesoro, le caramelle non fanno bene. I dentisti dicono che rovinano i denti. E poi costano troppo, amore. Devo comprare le cose per la torta di compleanno, altrimenti niente festa. Dobbiamo stare attenti ai soldi.»

Ma per un bambino di quattro anni quelle parole erano solo suoni. Il suo viso si fece rosso, gli occhi si riempirono di lacrime e, pochi secondi dopo, scoppiò in un pianto disperato.

«NO, mamma! Le voglio! VOGLIO LE CARAMELLE!» urlò, facendo voltare diversi clienti.

Gli altri quattro non persero tempo a imitarlo.

«Anche noi le vogliamo! Mamma, per favore! Le caramelleeeee!» cominciarono a strillare in coro.

Rachel sentì gli sguardi addosso, qualcuno sospirava infastidito, qualcuno scuoteva la testa. Cercò di calmarli come poteva, promettendo che avrebbero avuto una torta buonissima, ma i cinque piccoli erano inconsolabili.

Alla fine riuscì a portarli in fila alla cassa. Mentre il nastro scorreva e gli articoli passavano sotto il lettore, Rachel seguiva i numeri sullo schermo con il cuore in gola. Quando la cassiera annunciò il totale, il sangue le si gelò.

«Signora, le mancano dieci dollari» disse la cassiera, una giovane donna con il cartellino “Lincy” appuntato sul petto. «Devo togliere qualcosa.»

Il tono era secco e irritato, come se Rachel avesse fatto apposta a complicarle il turno.

«Com’è possibile che certa gente non controlli i prezzi prima di comprare?» mormorò Lincy, ma abbastanza forte perché Rachel sentisse.

La cassiera iniziò a prendere biscotti al cioccolato, barrette e altri prodotti dal sacchetto per toglierli dal conto, ma Rachel la fermò di scatto.

«La prego, quei biscotti mi servono per la festa…» sussurrò, imbarazzata. «Aspetti, tolgo il pane, e magari il succo… vediamo…» cominciò a rovistare freneticamente, cercando di decidere cosa sacrificare.

Nel frattempo, Max, che si era calmato, si allontanò di qualche passo, attirato dalle luci di un’esposizione. Fu in quel momento che si fermò accanto a un’anziana signora dai capelli bianchi raccolti in uno chignon ordinato.

«Ciao, giovanotto!» disse lei, piegandosi leggermente verso di lui con un sorriso. «Io sono la signora Simpson. E tu chi sei? E cosa ci fai qui tutto solo?»

«Buongiorno, signora Simpson» rispose lui con una serietà buffa per la sua età. «Io sono Max e ho quattro anni. Lei quanti anni ha?»

L’anziana ridacchiò, toccandosi la guancia. «Oh, sono solo un pochino più vecchia di te… diciamo settanta. E dimmi, dov’è la tua mamma?»

Max indicò verso la cassa.
«Là. Sta litigando con la signora che prende i soldi. Dice che non abbiamo abbastanza soldi e dobbiamo lasciare delle cose qui.»

Il sorriso della signora Simpson si affievolì.
«Davvero?» chiese, preoccupata. «Perché non mi accompagni da lei, così la salutiamo insieme?»

Intanto, alla cassa, la voce di Lincy si era fatta ancora più brusca.

«Senta, se non può permettersi tutta questa roba, non venga qui a fare la spesa come se niente fosse. Deve sbrigarsi, ci sono altri clienti in fila.»

Rachel sentì un nodo stringerle la gola. «La prego, solo un momento, sto cercando di—»

Non riuscì a finire la frase.

«Non tolga niente» disse una voce calma alle sue spalle. «Il conto è già stato saldato.»

Rachel si voltò di scatto. Dietro di lei c’era la signora Simpson, con Max accanto che la guardava fiero, come se avesse appena compiuto una missione importante.

«Come, scusi?» balbettò Rachel.

«Ho detto che pago io» ripeté l’anziana. «Non c’è bisogno di togliere nulla. Lasci tutto com’è.»

«Oh no, non posso permettermi…» Rachel arrossì fino alle orecchie. «La ringrazio, ma davvero, non voglio approfittare… Va tutto bene, posso rinunciare a qualcosa.»

«Niente affatto» ribatté dolcemente la signora Simpson. «Si vede che oggi ne ha proprio bisogno. Mi faccia questo regalo: mi permetta di aiutarla.»

La cassiera scrollò le spalle, annoiata, e completò il pagamento. Rachel, invece, non sapeva come ringraziare. Una volta fuori dal negozio, mentre sistemava le buste nel bagagliaio, continuava a ripetere parole di gratitudine.

«Non so come ringraziarla. Mi dispiace non poterle restituire i soldi subito, ma… venga a trovarci, la prego. Ecco il mio indirizzo» disse, tirando fuori dalla borsa un foglietto e scribacchiandoci sopra l’indirizzo di casa. «Mi piacerebbe offrirle del tè e dei biscotti. Li faccio buonissimi, glielo prometto.»

I bambini agitarono le mani in segno di saluto. Rachel stava per chiudere il portellone quando si rese conto che l’anziana aveva chiamato suo figlio per nome.

«Aspetti… lei conosce Max?» chiese incuriosita.

«Certo, mamma! Le ho detto che stavamo litigando perché non avevamo abbastanza soldi» intervenne il bambino, orgoglioso.

Rachel sorrise con gli occhi lucidi. Quest’incontro non è stato un caso, pensò salendo in macchina.

Il giorno seguente, nel primo pomeriggio, qualcuno bussò alla porta.

«Oh! Signora Simpson!» esclamò Rachel, sorpresa ma felice. «Che piacere vederla, entri, entri! Ha un tempismo perfetto, ho appena sfornato dei biscotti.»

La invitò in salotto, sistemò i bambini con un cartone animato e tornò con un vassoio di biscotti caldi e due tazze di tè fumante.

«Non doveva disturbarsi così» disse l’anziana, avvolgendo le mani attorno alla tazza.

«È il minimo che possa fare dopo quello che ha fatto per noi» rispose Rachel. «La sua gentilezza ci ha salvato la festa di compleanno.»

Parlarono un po’ del più e del meno, finché la signora Simpson le rivolse una domanda delicata.

«Vive sola con i bambini?»

Rachel sospirò.
«Sì. Mio marito è morto l’anno scorso in un incidente con il camion. Da allora sto crescendo i bambini da sola. Non lavoro al momento… Prima vendevo maglioni e berretti fatti a mano, ma d’estate nessuno li vuole e le vendite sono crollate. Sto cercando un impiego fisso, ma con cinque figli non è facile.»

La signora Simpson rimase in silenzio per qualche attimo, come se stesse riflettendo. Poi, all’improvviso, si illuminò.

«E se venissi a lavorare da me?» propose. «Ho un piccolo negozio di abbigliamento in città. Mi serve un’assistente, qualcuno di affidabile. E tu sembri una donna coraggiosa e instancabile. Potrei anche aiutarti con i bambini, se serve.»

Rachel la fissò incredula. «Davvero… lo farebbe?»

«Mio marito è morto molti anni fa» spiegò l’anziana. «Non abbiamo avuto figli. La casa è silenziosa, il negozio mi tiene occupata, ma il cuore resta un po’ vuoto. Avere te e i tuoi bambini nella mia vita sarebbe una benedizione, non un peso.»

Le lacrime bruciarono agli angoli degli occhi di Rachel.
«Sì… sì, certo, signora Simpson. Accetto molto volentieri.»

Il giorno dopo iniziò a lavorare nel negozio dell’anziana. All’inizio si occupava solo delle cose più semplici: sistemare la merce, aiutare i clienti a scegliere taglie e colori, riordinare il magazzino. Ma ci mise tutta se stessa. Arrivava puntuale, sorrideva ai clienti, dava consigli sinceri e faceva di tutto per imparare.

Passarono i mesi e, vedendo il suo impegno, la signora Simpson la promosse a supervisore del negozio. Rachel quasi non credeva alle proprie orecchie: per la prima volta dopo tanto tempo, sentiva di avere un futuro che non fosse fatto solo di calcoli e rinunce.

Una sera, dopo la chiusura, Rachel tirò fuori da una borsa alcuni schizzi e piccoli campioni di maglioni e berretti che aveva disegnato e realizzato a casa, quando i bambini dormivano.

«Volevo farle vedere una cosa» disse, un po’ timida. «Sono modelli che ho creato io. Immaginavo una linea tutta nostra, magari un giorno…»

La signora Simpson sfogliò i disegni con attenzione.
«Rachel, ma questi sono bellissimi» esclamò. «Hai davvero talento.»

Poi la guardò con aria complice.
«Sai che cosa dovresti fare? Aprire una piccola attività parallela. Possiamo esporre qualche pezzo qui in negozio e tu potresti iniziare a mostrarli anche sui social. Oggi tanta gente compra proprio lì. Lascia che il mondo veda quello che sai fare.»

Rachel sorrise, stringendo tra le dita uno dei suoi campioni di lana. Pensò al giorno al supermercato, al cacao troppo caro, alle caramelle negate, alla voce alle sue spalle che aveva detto: «Il conto è già stato saldato».

Advertisements

In quel momento capì che quel gesto non aveva pagato solo una spesa: aveva aperto una porta nuova sulla sua vita. E tutto era iniziato da un bambino di quattro anni, una vecchietta dal cuore grande e un semplice “posso aiutarti?”.

Leave a Comment